LE FARINE
La farina alimentare è il prodotto della macinazione dei frutti secchi o dei semi di varie piante. Esistono moltissimi tipi, si ha la farina di grano, di mais, di orzo, di farro, di riso, di avena, di segale, di castagne, di ceci, di mandorle, di grano saraceno.
Farina 00 - Fior di farina Si tolgono tutte le impurità dai chicchi di grano, attraverso la raffinazione. La farina 00 è la più raffinata e si ottiene dalla macinazione del grano dal quale si eliminano crusca e germe. A differenza della farina di grano duro più gialla (semola), quella di tipo 00 appare bianca e sottile. Questa farina è la più utilizzata per la realizzazione di dolci e pasta fresca. |
Farina 00 con fiocchi di patate
Una miscela a base di grano tenero tipo “00”, arricchita con fiocchi di patate e latte, ideale per ottenere una pizza alta, soffice e fragrante. L’inserimento di fiocchi e farina di patate consentono una riduzione della velocità di invecchiamento della mollica.
Si ottengono quindi prodotti finiti più soffici, sempre freschi e conservabili più a lungo nel tempo.
Farina 0
Leggermente meno raffinata della precedente farina, ma che comunque è priva di gran parte dei suoi principi nutritivi.
Farina Manitoba - tipo 0
E' una delle farine più pregiate e adatta per gli impasti che debbono diventare il più alveolati e gonfi possibile, poiché ricca di glutine. Questa farina proviene da un grano tenero, ma molto forte e prende il nome dalla regione canadese in cui viene coltivato (ad oggi coltivato in altre zone del mondo).
Quindi è una farina adatta alla lunga lievitazione e che consente di ottenere dolci soffici. Per questo motivo è usata nella confezione dei grandi lievitati, con lievito madre, diverse manipolazioni e lunghe ore di riposo dell’impasto, come panettone, pandoro e colomba pasquale.
È una farina raffinata di tipo 0, ma ricca di proteine (13-15%) soprattutto quelle che danno origine al glutine per cui il suo indice di W va da 350 a 400.). Per limitarne la forza, viene miscelata con altre farine (un impasto di sola manitoba avrebbe infatti bisogno di più di 15 ore di lievitazione per raggiungere il massimo sviluppo). Assorbe l’80-90% del suo peso in acqua.
Farina Tipo 1
È il prodotto della macinatura della crusca e dell’endosperma, e in minima parte del germe, quindi contiene fibre, nutrienti e proteine, ma in quantità variabili, l'indice W va da 180 a 350. La percentuale in proteine si aggira intorno all’11-12%, ma sono proteine che originano dalla crusca per cui non tutte portano alla formazione di glutine.
La forza, in base alla composizione, varia da media a forte e, in base a ciò, questo tipo di farina può essere impiegato sia per la preparazione di torte e biscotti sia per preparati a lievitazione medio-lunga. Assorbe il 60-75% del suo peso in acqua.
Farina Tipo 2
Conosciuta anche come farina “semi-integrale” è una farina caratterizzata da granuli di grosse dimensioni e un maggiore quantitativo di componenti fibrose e germe del seme. Ha buone caratteristiche nutrizionali ed è più facile da lavorare rispetto alla farina integrale.
Farina integrale
Viene a volte ancora macinata a pietra, una tecnica antica e quasi scomparsa ed è priva di glutine.
Le farine integrali, o farine a tutto corpo, conservano gran parte degli elementi del chicco, si ottengono anche con mais, farro, riso, segale, e per questo in genere viene miscelata con altre farine. Possono essere impiegate nella preparazione di impasti e ricette, sostituendo le farine bianche. La farina di mais integrale viene generalmente utilizzata per la preparazione della polenta.
Non è molto adatta al pane a meno che non si decida di miscelarla con farina di frumento o con fecola di patate, per donare elasticità.
Un grafico utile è l'alveogramma, derivato dall'alveografo di Chopin che è una attrezzatura che permette di misurare la forza (W), tenacità (P) ed estensibilità (L) di un impasto di una farina.
GLI INGREDIENTI
ACQUA: Bisogna considerare i sali disciolti, come il calcio o il magnesio che influenzano la rigidità dell'impasto. Tuttavia la loro presenza varia nel tempo modificando l'effetto sull'impasto. Inoltre un acqua molto clorata, dovuta al sistema di purificazione degli acquedotti, provoca una riduzione della fermentazione e rafforza l'impasto. Varia dal 40 al 50% della massa totale e va leggermente aumentata per pani di grandi dimensioni e diminuita per i piccoli.
SALE: Deve essere compreso tra 1,5 a 2,2%, con la percentuale che varia a seconda della regione in cui si ci trova. Oltre ad insaporire l'impasto migliora le sue proprietà, quali l'elasticità. Non bisogna mai metterlo a contatto diretto con il lievito.
LIEVITO: Si addizionano sostanze capaci di produrre anidride carbonica trasformando gli zuccheri presenti. In genere viene impiegato il lievito di birra. Esso si deve conservare a temperature basse per evitare l'autodistruzione delle cellule (a 0°C si conserva per massimo 11 settimane).
ZUCCHERI: Sono naturalmente presenti nella farina e sono essenziali per una buona fermentazione e anche per migliorare la cottura in un forno da cucina. Lo zucchero è quindi il responsabile del colore ambrato della crosta, gli da aroma, lo rende più soffice e conservabile (assorbe infatti l'umidità dell'ambiente).
MIELE: I lieviti si nutrono di carboidrati semplici, derivati dal lavoro di enzimi che dividono gli zuccheri complessi (amido) in zuccheri più semplici (glucosio). Non tutti i carboidrati possono dare questa reazione, ma solamente quelli ‘riducenti’ come il glucosio e il fruttosio, non saccarosio.
Il miele perciò aumenta la quantità di nutrimento per il lievito, e aiuterà l’impasto a lieviterà meglio e la crosta avrà un colore più scuro e uniforme. Da molto sapore all'impasto.
Il miele perciò aumenta la quantità di nutrimento per il lievito, e aiuterà l’impasto a lieviterà meglio e la crosta avrà un colore più scuro e uniforme. Da molto sapore all'impasto.
LATTE: la sua caseina accresce la capacità di assorbimento dell'impasto.
GRASSI: burro, strutto, olio che rendono l'impasto più morbido e gustoso.
PRODOTTI MIGLIORANTI: La legislazione in Italia permette solo l'aggiunta di acido ascorbico (che tuttavia ha tempi di conservazione brevi e allunga la lievitazione), enzimi e farine ed estratti di malto.
L'IMPASTO
Per la preparazione del pane esistono tre principali metodi: diretto, semidiretto e indiretto.
Diretto: si impastano di tutti gli ingredienti in un'unica fase.
Semidiretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase aggiungendo il lievito o la pasta di riporto (è un pezzo di pasta lievitata il giorno precedente, lievito madre).
Indiretto: due fasi, nella prima si prepara un preimpasto di acqua, lievito e farina, chiamato biga (la composizione varia a seconda del prodotto che si vuole ottenere). Nella seconda fase si aggiunge al preimpasto, lasciato fermentare secondo i casi dalle 10 alle 48 ore, tutti gli altri ingredienti. Essendo la lievitazione molto lunga occorre bagnare con acqua e coprire l'impasto con un panno (non con la pellicola che favorirebbe troppo una fermentazione alcolica, che avviene in condizioni anaerobiche, visto che l'ossigeno dopo un po' finirebbe). I vantaggi del metodo indiretto sono:
Diretto: si impastano di tutti gli ingredienti in un'unica fase.
Semidiretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase aggiungendo il lievito o la pasta di riporto (è un pezzo di pasta lievitata il giorno precedente, lievito madre).
Indiretto: due fasi, nella prima si prepara un preimpasto di acqua, lievito e farina, chiamato biga (la composizione varia a seconda del prodotto che si vuole ottenere). Nella seconda fase si aggiunge al preimpasto, lasciato fermentare secondo i casi dalle 10 alle 48 ore, tutti gli altri ingredienti. Essendo la lievitazione molto lunga occorre bagnare con acqua e coprire l'impasto con un panno (non con la pellicola che favorirebbe troppo una fermentazione alcolica, che avviene in condizioni anaerobiche, visto che l'ossigeno dopo un po' finirebbe). I vantaggi del metodo indiretto sono:
- Il gusto e profumo più intensi
- Alveolatura più sviluppata
- Un prodotto più digeribile
- Conservazione più lunga
- Riduzione dei tempi di fermentazione dell'impasto finale
- Migliori caratteristiche strutturali e meccaniche
LA LIEVITAZIONE
Si intende lo sviluppo di volume dell'impasto dovuto all'espansione dei gas che si sviluppano con la fermentazione di microorganismi (in un grammo sono presenti oltre 80 miliardi di cellule). Durante la cottura i gas si espandono ulteriormente rendendo il pane ancora più soffice.
La fase di lievitazione, ovvero la fase durante la quale viene generata anidride carbonica da parte dei lieviti che, in presenza di ossigeno (fase aerobica), trovano terreno fertile per riprodursi e moltiplicarsi. Successivamente avviene la fase anaerobica dove si produce anche alcol secondo la reazione seguente:
La fase di lievitazione, ovvero la fase durante la quale viene generata anidride carbonica da parte dei lieviti che, in presenza di ossigeno (fase aerobica), trovano terreno fertile per riprodursi e moltiplicarsi. Successivamente avviene la fase anaerobica dove si produce anche alcol secondo la reazione seguente:
Essendo presenti anche altri microorganismi oltre alla fermentazione alcolica avvengono anche fermentazioni secondarie.
Inoltre si deve tenere presente che la farina contiene di normale circa l'1% di zuccheri che sono insufficienti per una corretta lievitazione.
Poiché i lieviti attaccano comunque soprattutto gli zuccheri semplici cioè glucosio e fruttosio, gli altri tipi di zucchero complessi per essere utilizzati, debbono essere semplificati per azione di enzimi diversi.
Il lievito che comunemente viene impiegato in panificazione denominato Lievito compresso si ottiene industrialmente utiliì. 2, ando un sottoprodotto dell'industria zuccheriera (melassa). La melassa viene impiegata, opportunamente diluita come liquido di cottura, per riproduzione e moltiplicazione del Lievito.
I lieviti effettuano sia la respirazione aerobica che quella anaerobica.
I lieviti respirano aerobicamente quando sono nella fase vegetativa o di moltiplicazione, ossia nel periodo iniziale dell'impasto panario.
Successivamente inizia la respirazione anaerobica durante la quale ha luogo la fermentazione alcoolica.
Per favorire il prolungarsi della fa se iniziale, sovente si arieggia sia la farina che il relativo impasto.
Qualora sia opportuno, I'impasto viene arieggiato anche in momenti successivi.
Sia la respirazione aerobica che quella anaerobica sono processi di natura esotermica; pertanto determinano un lieve riscaldamento dell'impasto.
Inoltre si deve tenere presente che la farina contiene di normale circa l'1% di zuccheri che sono insufficienti per una corretta lievitazione.
Poiché i lieviti attaccano comunque soprattutto gli zuccheri semplici cioè glucosio e fruttosio, gli altri tipi di zucchero complessi per essere utilizzati, debbono essere semplificati per azione di enzimi diversi.
- Il maltosio proveniente dalla degradazione enzimatica dell'amido (alfa e beta amilasi) viene trasportato all'interno della cellula del lievito per azione di un altro enzima, la malto permeasi, dopodiché viene trasformato da un altro enzima esistente all'interno della cellula del lievito, la maltasi, il glucosio, zucchero semplice utilizzabile direttamente da lievito secondo la reazione sopra riportata.
Il lievito che comunemente viene impiegato in panificazione denominato Lievito compresso si ottiene industrialmente utiliì. 2, ando un sottoprodotto dell'industria zuccheriera (melassa). La melassa viene impiegata, opportunamente diluita come liquido di cottura, per riproduzione e moltiplicazione del Lievito.
I lieviti effettuano sia la respirazione aerobica che quella anaerobica.
- Nella respirazione aerobica, viene utilizzato I'ossigeno molecolare dell'aria; con esso si ossida a fondo il glucosio presente negli impasti panari, trasformandolo in acqua e anidride carbonica.
- Nella respirazione anaerobica, l'ossigeno viene ricavato dallo stesso materiale zuccherino che si trasforma: in parte in acqua e anidride carbonica e in parte in alcool (quest'ultimo va considerato come residuo di una parte della molecola zuccherina, che viene deossigenata per fornire l'ossigeno che va ad ossidare l'altra parte della stessa molecola zuccherina).
I lieviti respirano aerobicamente quando sono nella fase vegetativa o di moltiplicazione, ossia nel periodo iniziale dell'impasto panario.
Successivamente inizia la respirazione anaerobica durante la quale ha luogo la fermentazione alcoolica.
Per favorire il prolungarsi della fa se iniziale, sovente si arieggia sia la farina che il relativo impasto.
Qualora sia opportuno, I'impasto viene arieggiato anche in momenti successivi.
Sia la respirazione aerobica che quella anaerobica sono processi di natura esotermica; pertanto determinano un lieve riscaldamento dell'impasto.
Mentre nel caso del lievito compresso per panificazione si è in presenza di una coltura praticamente pura della specie Saccharomyces cervisiae, ogni qualvolta si usa come agente lievitante biologico, impasti precedentemente preparati ed adeguatamente conservati (lievito naturale), altre specie di microorganismi concorrono alla lievitazione con ulteriori fermentazioni oltre quella alcoolica.
Si riportano qui di seguito i principali microorganismi che possono ritrovarsi nel lievito naturale e che intervengono durante la lievitazione in modo differente.
LIEVITI
I lieviti della panificazione sono funghi unicellulari del genere Saccharomyces, capaci di trasformare gli zuccheri della farina per fermentazione principalmente in alcool etilico e anidride carbonica e secondariamente, in alcool mono e polivalenti, glicerina e composti volatili (aldeidi, acidi tattico, e succinico).
Nel mondo della panificazione sono presenti quattro tipi di lievito: naturale, fresco, secco, chimico.
La specie predominante è il Saccharomyces cerevisiae, altre specie sono il Saccharomyces fructum ed il Saccharomyces exiguus.
Il lievito secco è il lievito fresco liofilizzato venduto in bustine: è assolutamente intercambiabile con il lievito fresco, salvo che bisogna tenere presente che la quantità di lievito secco da usare sarà minore rispetto alla quantità di lievito fresco (7g invece di 25g). Si conserva per 6 mesi e si deve sciogliere in acqua a 40°C per ottimizzare il suo effetto.
Le funzioni che i lieviti esplicano durante la fermentazione panaria sono le seguenti:
BATTERI
I batteri, normalmente presenti nell'impasto, provenienti dalla farina e dall'ambiente, si distinguono in base al processo di fermentazione che svolgono in:
DURATA LIEVITAZIONE
Si riportano qui di seguito i principali microorganismi che possono ritrovarsi nel lievito naturale e che intervengono durante la lievitazione in modo differente.
LIEVITI
I lieviti della panificazione sono funghi unicellulari del genere Saccharomyces, capaci di trasformare gli zuccheri della farina per fermentazione principalmente in alcool etilico e anidride carbonica e secondariamente, in alcool mono e polivalenti, glicerina e composti volatili (aldeidi, acidi tattico, e succinico).
Nel mondo della panificazione sono presenti quattro tipi di lievito: naturale, fresco, secco, chimico.
La specie predominante è il Saccharomyces cerevisiae, altre specie sono il Saccharomyces fructum ed il Saccharomyces exiguus.
Il lievito secco è il lievito fresco liofilizzato venduto in bustine: è assolutamente intercambiabile con il lievito fresco, salvo che bisogna tenere presente che la quantità di lievito secco da usare sarà minore rispetto alla quantità di lievito fresco (7g invece di 25g). Si conserva per 6 mesi e si deve sciogliere in acqua a 40°C per ottimizzare il suo effetto.
Le funzioni che i lieviti esplicano durante la fermentazione panaria sono le seguenti:
- producono anidride carbonica in quantità necessaria per gonfiare e rendere soffice l'impasto;
- producono un insieme dì composti chimici che conferiscono al pane la caratteristica fragranza (=sapore e profumo);
- favoriscono la maturazione dell'impasto, cioè facilitano i cambiamenti di struttura del glutine.
BATTERI
I batteri, normalmente presenti nell'impasto, provenienti dalla farina e dall'ambiente, si distinguono in base al processo di fermentazione che svolgono in:
- Lattici: trasformano per fermentazione gli zuccheri della farina in acido lattico. Sono statiidentificati in Lactobacilius plantarum, predominante ed il Lactobacillus brevis. Creano un ambiente acido che favorisce I'attività dei lieviti inibendolo sviluppo di altri microorganismi (Bacterium Mesentericus e muffe); rendono lunga ed estensibile la catena glutinica.
- Acetici: agiscono in maniera ottimale in presenza dell'aria nell'impasto, sono COSÌ chiamati perché trasformano, per fermentazione, 1'alcool etilico, prodotto dai lieviti, in acido acetico. Rendono corta e rigida la catena glutinica; agiscono sulla formazione e sulla struttura della mollica.
- Butirrici: trasformano, per fermentazione, l'acido lattico prodotto dai batteri lattici in acido butirrico e anidride carbonica. Agiscono negativamente sulla tecnologia di panificazione e compromettono I'aroma del prodotto.
DURATA LIEVITAZIONE
- Temperatura: ha un ruolo importante sull'attività fermentativa dei lieviti. Si può considerare che la velocità di fermentazione raggiunge i valori più alti tra i 20℃ e 30℃ mentre al di fuori di questo intervallo si ha un progressivo rallentamento. In particolare i Saccharomyces cervisiae hanno un optimum tra 26 e 30°C. A 35°C si nota un rallentamento di attività tanto è vero che questa temperatura non dovrebbe essere superata nel caso in cui venga impiegato lievito compresso disciolto in acqua calda prima della preparazione dell'impasto. La fermentazione lattica ha invece la sua temperatura ottimale a 20℃.
- pH dell'impasto: ha effetto sull'attività fermentativa con un intervallo ottimale tra 4.8 e 5.2 secondo il tipo di prodotto.
- Qualità dell'acqua: oltre che per la sua influenza sull'attività del lievito, esercita una diversa azione sulle proprietà fisiche dell'impasto. In quanto, in caso di impiego di acqua troppo dura, si ha un glutine tenace, rigido, mentre l'uso di acqua dolce comporta la formazione di un glutine colloso. La presenza di cloro come sterilizzante dell'acqua, riduce l'attività del lievito, per cui si possono riscontrare tempi di fermentazione più lunghi con r impiego di acqua con elevati contenuti di cloro.
- Sale: nella quantità in cui questa sostanza viene normalmente impiegata, circa il 2% rispetto alla farina, non ha influenza sull'attività fermentativa dei lieviti. La fermentazione del maltosio subisce un rallentamento nel caso di impiego di quantità elevate di sale.
- Tipo di farina: Innanzitutto si usa l’indice W, che indica la capacità panificabile ed è usato per classificare le farine in base alla loro forza. Un alto valore di W indica un alto contenuto di glutine: ciò significa che la farina assorbirà più acqua e che l’impasto lieviterà più lentamente, perché la maglia glutinica sarà più resistente e tenace. Una W150 (00) circa 2 ore, per una W240 circa 6 ore, mentre per una W350 (Manitoba) almeno 24 ore.
GRADO DI TOLLERANZA
Se si supera il limite della resistenza elastica dell'impasto esso si romperà e non tratterrà più il gas facendo afflosciare l'impasto. La capacità dell'impasto di mantenere la lievitazione è il grado di tolleranza.
Se si supera il limite della resistenza elastica dell'impasto esso si romperà e non tratterrà più il gas facendo afflosciare l'impasto. La capacità dell'impasto di mantenere la lievitazione è il grado di tolleranza.
TECNICA A FREDDO
E 'un metodo che sta diventando sempre più importante e consiste nel raffreddare l'impasto durante la lievitazione per avere una produzione più efficiente eliminando periodi della giornata vuoti ed eliminando il lavoro notturno.
Quindi si raffredda l'impasto rallentando o bloccando la lievitazione per cuocere nel momento giusto il prodotto.
L'impasto lo si porta vicino a 0°C e occorrono materie prime di ottima qualità per avere prodotti standard.
Il raffreddamento dalla temperatura ambiente a 7°C deve avvenire entro 90 minuti ed occorre che l'impasto assorba molta aria durante la lavorazione. Una volta raggiunta la temperatura di regime bisogna mantenerla costante e avere un'umidita intorno all'85%. Dopo 24/72 ore inizia la fase di riscaldamento (fino a 28°C in 40 minuti) e lievitazione finale.
LIEVITO MADRE
Utilizzato già dagli egizi 2500 anni a.C. per evitare di sprecare la farina andata a male, il suo uso si tramanda fino hai giorni nostri.
Si prepara impastando, per circa 10 minuti, 1 Kg di farina con acqua tiepida (50-51%) a 24℃, aggiungendo 2 vasetti di yogurt.
Dopo che l'impasto è stato lavorato, viene avvolto in un panno di cotone legato non troppo stretto e tenuto a riposo a 25-28℃ per 12-20 ore. Il panno va lavato o cambiato ogni giorno.
Il giorno dopo l'impasto va pesato e gli va aggiunto farina in ugual peso. Si impasta per una decina di minuti, poi di nuovo avvolto, legato e portato di nuovo a 25-28°C. Questo lavoro va fatto per 15-20 giorni fino ad ottenere un lievito naturale di giusta forza.
Un buon lievito naturale deve avere le seguenti caratteristiche:
- sviluppare il doppio del suo volume in 3/4 ore a 26℃
- lievitare un impasto, rispetto alla farina, in proporzione del 20-30%
- l'impasto si deve presentare acido con un pH compreso tra 3,95 e 4,05, bianco, spugnoso, con odore di alcool
COTTURA
La cottura è quel processo che attraverso una serie di trasformazioni chimiche, biologiche e fisiche permette di ottenere un prodotto commestibile.
La temperatura di cottura varia da 170 °C a 210°C e il tempo da 13 a 60 minuti. Indicativamente per pezzature grandi si utilizza una temperatura più bassa e un tempo maggiore. La pasta assorbe calore dalle pareti (irradiazione), dall'aria (convezione) e dalla piastra di cottura (conduzione).
L'acqua presente all'interno evapora e provoca un aumento del volume e l'idratazione della superficie permette di non seccare la crosta e inoltre nella prima parte della cottura va a diminuire la temperatura esterna del pane, rallentando la formazione della crosta stessa, la quale una volta formata impedisce alle restanti molecole d'acqua di uscire. Il massimo volume si avrà dopo 10 minuti di cottura all'incirca.
Nel caso il pane abbia un'elevata elasticità (farina manitoba) e un grande potere di ritenzione del gas si avrà un pane ben sviluppato con una mollica uniforme e basso peso specifico.
Durante la cottura il pane perde il 25% del suo peso per evaporazione di acqua.
La temperatura di cottura varia da 170 °C a 210°C e il tempo da 13 a 60 minuti. Indicativamente per pezzature grandi si utilizza una temperatura più bassa e un tempo maggiore. La pasta assorbe calore dalle pareti (irradiazione), dall'aria (convezione) e dalla piastra di cottura (conduzione).
L'acqua presente all'interno evapora e provoca un aumento del volume e l'idratazione della superficie permette di non seccare la crosta e inoltre nella prima parte della cottura va a diminuire la temperatura esterna del pane, rallentando la formazione della crosta stessa, la quale una volta formata impedisce alle restanti molecole d'acqua di uscire. Il massimo volume si avrà dopo 10 minuti di cottura all'incirca.
Nel caso il pane abbia un'elevata elasticità (farina manitoba) e un grande potere di ritenzione del gas si avrà un pane ben sviluppato con una mollica uniforme e basso peso specifico.
Durante la cottura il pane perde il 25% del suo peso per evaporazione di acqua.
- 30°C espansione gas e produzione enzimatica
- 45-50°C morte del lievito
- 50-60°C vigorosa attività enzimatica
- 60-80°C cessazione attività enzimatica
- 100°C produzione vapor acqueo e formazione della crosta
- 140°C abbronzamento crosta (reazione di Maillard)
- 150-200°C prodotti croccanti e aromatici
FRODI
Sofisticazione: E’ un'operazione che consiste nell'aggiungere all'alimento sostanze estranee che ne alterano l'essenza, corrompendo o viziando la composizione naturale e simulandone la genuinità con lo scopo di migliorarne l'aspetto o di coprirne difetti.
Adulterazione: Comprende tutte le operazioni che alterano la struttura originale di un alimento mediante sostituzione di elementi propri dell'alimento con altri estranei, ovvero con la sottrazione o aumento delle quantità proporzionali di uno o più dei suoi componenti, lasciando loro l’apparenza originaria. Le adulterazioni hanno riflessi non solo commerciali ma anche igienico-nutrizionali e, in alcuni casi, di grave pericolo per la salute pubblica.
Alterazione: Una sostanza alimentare si dice in stato di alterazione, quando la sua composizione originaria si modifica a causa di fenomeni degenerativi spontanei, determinati da errate modalità o eccessivo prolungamento dei tempi di conservazione.
Contraffazione: Consiste nel formare ex novo un alimento con l'apparenza della genuinità in quanto prodotto con sostanze diverse, per qualità o quantità, da quelle che normalmente concorrono a formarlo. Si tratta di una vera e propria falsificazione in quanto consiste nel dare fraudolentemente l’apparenza di genuinità ad una sostanza che si distingue da quella imitata per caratteristiche qualitative e quantitative.
Frodi comuni
Adulterazione: Comprende tutte le operazioni che alterano la struttura originale di un alimento mediante sostituzione di elementi propri dell'alimento con altri estranei, ovvero con la sottrazione o aumento delle quantità proporzionali di uno o più dei suoi componenti, lasciando loro l’apparenza originaria. Le adulterazioni hanno riflessi non solo commerciali ma anche igienico-nutrizionali e, in alcuni casi, di grave pericolo per la salute pubblica.
Alterazione: Una sostanza alimentare si dice in stato di alterazione, quando la sua composizione originaria si modifica a causa di fenomeni degenerativi spontanei, determinati da errate modalità o eccessivo prolungamento dei tempi di conservazione.
Contraffazione: Consiste nel formare ex novo un alimento con l'apparenza della genuinità in quanto prodotto con sostanze diverse, per qualità o quantità, da quelle che normalmente concorrono a formarlo. Si tratta di una vera e propria falsificazione in quanto consiste nel dare fraudolentemente l’apparenza di genuinità ad una sostanza che si distingue da quella imitata per caratteristiche qualitative e quantitative.
Frodi comuni
- Vendita di pane a pezzi e non a peso.
- Vendita di pane ricco di umidità e pertanto più pesante per non essere stato portato alla cottura dovuta.
- Vendita di pane speciale con l’impiego di grassi diversi da quelli consentiti.
- “Pane” nero, prodotto dal carbone vegetale sostituito a volte con un addito chimico chiamato colorante E153.
ANALISI E NORMATIVE
La produzione e commercializzazione degli sfarinati è regolata dal D.P.R. n° 187 del 9 febbraio 2001.
Nell’analisi degli sfarinati vanno essenzialmente valutati parametri che servono per la classificazione merceologica delle farine di frumento.
Determinazione dell’umidità
Il contenuto di umidità di una farina varia con la temperatura e l’umidità esterne e il quantitativo di acqua adoperato nel lavaggio e condizionamento del grano in fase di molitura. Il tenore di umidità massimo tollerato per legge è di 14.5 %. L’analisi viene eseguita riscaldando 10 g di farina a 100°-105°C in stufa. A peso costante (la differenza tra due pesate non deve essere superiore a 1 mg), la differenza di peso prima e dopo il riscaldamento, riferita a 100 g di farina, rappresenta la % di umidità.
% umidità = (M – m) x 100 / M, con M = peso campione prima dell’evaporazione, m = peso campione dopo l’evaporazione
Determinazione delle ceneri
Innanzitutto esse sono il residuo inorganico della farina sottoposta a combustione e vengono usate anche per classificare il pane. Il quantitativo di ceneri in una farina dipende dal tasso di abburattamento (livello di setacciamento della farina). Esso può variare tra 0.50 % e 0.95 % e può raggiungere il 2% nelle farine integrali. Le ceneri sono costituite prevalentemente da P2O5 (50%) e K2O (35%).
Il saggio per determinare le ceneri viene eseguito riscaldando un campione pesato di farina (5–10 g), posto in capsula di platino, a 550 – 590 °C in muffola. Il peso delle ceneri viene riferito a 100 g di sostanza secca.
Determinazione del contenuto di proteine
La determinazione del contenuto viene eseguita utilizzando il metodo Kjeldahl. Con questo metodo si determina il contenuto di azoto dal quale si ricava il contenuto di proteine utilizzando un opportuno parametro di conversione.
Il metodo consiste di tre step:
V = ml di acido 0,1 N;
N = 0,0014008 (grammi di azoto corrispondenti a 1 ml di acido 0,1 N);
E = peso del campione in grammi;
U = umidità percentuale del campione;
F = fattore di conversione dell’azoto in sostanze azotate, uguale a 5,70 per il
frumento
Nell’analisi degli sfarinati vanno essenzialmente valutati parametri che servono per la classificazione merceologica delle farine di frumento.
Determinazione dell’umidità
Il contenuto di umidità di una farina varia con la temperatura e l’umidità esterne e il quantitativo di acqua adoperato nel lavaggio e condizionamento del grano in fase di molitura. Il tenore di umidità massimo tollerato per legge è di 14.5 %. L’analisi viene eseguita riscaldando 10 g di farina a 100°-105°C in stufa. A peso costante (la differenza tra due pesate non deve essere superiore a 1 mg), la differenza di peso prima e dopo il riscaldamento, riferita a 100 g di farina, rappresenta la % di umidità.
% umidità = (M – m) x 100 / M, con M = peso campione prima dell’evaporazione, m = peso campione dopo l’evaporazione
Determinazione delle ceneri
Innanzitutto esse sono il residuo inorganico della farina sottoposta a combustione e vengono usate anche per classificare il pane. Il quantitativo di ceneri in una farina dipende dal tasso di abburattamento (livello di setacciamento della farina). Esso può variare tra 0.50 % e 0.95 % e può raggiungere il 2% nelle farine integrali. Le ceneri sono costituite prevalentemente da P2O5 (50%) e K2O (35%).
Il saggio per determinare le ceneri viene eseguito riscaldando un campione pesato di farina (5–10 g), posto in capsula di platino, a 550 – 590 °C in muffola. Il peso delle ceneri viene riferito a 100 g di sostanza secca.
Determinazione del contenuto di proteine
La determinazione del contenuto viene eseguita utilizzando il metodo Kjeldahl. Con questo metodo si determina il contenuto di azoto dal quale si ricava il contenuto di proteine utilizzando un opportuno parametro di conversione.
Il metodo consiste di tre step:
- Il campione è digerito in H2SO4 in presenza di un catalizzatore; l’acido decompone per ossidazione le sostanze organiche liberando l’azoto sottoforma di ammonio solfato.
- Per aggiunta di NaOH l’ammonio è convertito ad ammoniaca che è distillata e raccolta in una beuta contenente una quantità nota di acido in eccesso (in genere HCl).
- Si retrotitola l’acido in eccesso con NaOH. Il contenuto di proteine va riferito a 100 g di sostanza e si calcola adoperando la seguente formula: Sostanze azotate % = (V . N . F . 10000) / E . (100 – U)
V = ml di acido 0,1 N;
N = 0,0014008 (grammi di azoto corrispondenti a 1 ml di acido 0,1 N);
E = peso del campione in grammi;
U = umidità percentuale del campione;
F = fattore di conversione dell’azoto in sostanze azotate, uguale a 5,70 per il
frumento
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In Italia la legge ne stabilisce chiaramente le caratteristiche e le eventuali denominazioni con il decreto del presidente della Repubblica n. 502 del 30 novembre 1998 che modifica la legge n. 580 del 4 luglio 1967. Tale decreto prevede, fra le altre cose, IVA al 4% per il pane normale e quello speciale prodotto con l'aggiunta di burro, olio d'oliva, strutto, latte, zibibbo, uve passe, fichi. Con altri ingredienti, IVA al 10%.
decreto_del_presidente_della_repubblica_9_febbraio_2001_n._187.pdf | |
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legge_4_luglio_1967_n._580.pdf | |
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gazzetta_ufficiale-norme_grano.pdf | |
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